Urbanistica ed edilizia – TAR Liguria distanze tra costruzioni in centro storico

Per l’importanza della sentenza e per l’impatto sulla pianificazione urbanistica del comune di Genova che svilupperà, è opportuno un commento alla recente pronuncia del Consiglio di Stato n. 5830/2021.

I giudici di secondo grado hanno corretto la sentenza emessa dal TAR Liguria e stabilito che il limite di distanza tra pareti finestrate di 10 metri, previsto all’articolo 9 del DM 1444/1968, per le “nuove costruzioni” non è riferito ai centri storici, ma alle “altre zone” urbanistiche classificate dallo stesso decreto ministeriale.

Il Consiglio di Stato, nell’interpretare la legge regionale sul piano casa (l.r. 49/2009), ha anche riconosciuto che:

  • il DM 1444/68 nel disciplinare le zone A (centri storici) ha prescritto che la distanza “non sia inferiore a quella intercorrente tra i volumi edificati preesistenti”;
  • il limite dei 10 metri si applica solo alle “nuove costruzioni” ed è riferito alle “altre zone” ossia diverse da quelle delle zone A – centro storico e non può essere data una interpretazione più ampia di quella che può esserne tratta in via letterale;
  • non rientra nella nozione di “nuova costruzione” l’intervento di demolizione e ricostruzione non fedele di un fabbricato preesistente ubicato in zona A se tale opera dovesse comportare un incremento volumetrico in altezza, sfruttando gli incentivi previsti dalla legge regionale ligure n. 49/2009.

Infatti per il Consiglio di Stato: “il d.m., dopo aver disciplinato le “Zone A”, introduce la “distanza minima assoluta di m.10” con esclusivo riferimento alle “altre zone”, di guisa che non è suscettibile di estensione analogica una norma che introduce una limitazione o un divieto quale quella in commento. Né può dirsi che la disciplina ordinamentale contempla l’esclusione dell’edificabilità di nuove costruzioni in quanto la legge regionale sul Piano Casa non esclude la sua applicazione nelle zone A”.

Secondo i giudici “ la mancata previsione della distanza minima in zona A in seno al citato d.m. non costituisce, quindi, frutto di una dimenticanza del redattore della norma, così da costituire un vuoto normativo colmabile in sede interpretativa, quanto espressione di una sua precisa opzione connessa al fatto che in zona centro storico tendenzialmente non sono consentiti se non interventi sul preesistente”.

Il fatto che la legge regionale n. 49 ammetta interventi di demolizione e ricostruzione con incremento volumetrico “non giustifica il ricorso ad una interpretazione analogica che avrebbe l’effetto di precludere, di fatto, l’applicazione di tale disciplina di favore in ampie zone dei territori comunali”.

Il Consiglio di Stato riconosce che “la classificazione dell’intervento quale costruzione ex novo non può derivare dalla semplice circostanza che il progetto di demolizione e ricostruzione del fabbricato preveda la realizzazione di ampliamenti della volumetria preesistente”.

Quando, come nel caso di specie, dall’esame del progetto “è dato rilevare che la ricostruzione dell’immobile da demolire, interessato da una situazione di dissesto statico come descritto in dettaglio nella perizia tecnica in atti, con un ampliamento volumetrico (di poco) inferiore al 35 %,“avverrà prevalentemente in altezza e su sedime lievemente modificato […] nel rispetto delle distanze dai fabbricati”, ne consegue l’infondatezza della qualificazione dell’intervento come nuova costruzione.

La sentenza del Consiglio di Stato è disponibile all’interno dell’area Download “Pianificazione e Urbanistica” del sito associativo, oppure, in calce alla notizia.

Le imprese non ancora registrate possono inviare una e-mail all’indirizzo: servizi@assedil.it

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